Dessert du tartare

è l'alba minerale, e questo significa che non c'è ancora nulla che respiri. si intravedono su ogni orizzonte -e gli orizzonti sono innumerevoli, in un deserto- suggestivi sbrilluccichii di pietre, di minuscoli grani di sabbia accarezzati dal sole. la rotazione della terra sul suo asse fa cambiare i colori e le temperature. ma con calma. del resto non abbiamo fretta, il tempo non ci riguarda. il nostro sguardo è impersonale, cangiante. non ha niente delle caratteristiche di uno sguardo umano, è puro sguardo, non soffre e non gioisce delle visioni cui prende parte, delle visioni che esso stesso È. 
non perde la pazienza. è una specie di sguardo di dio.

oggi è l'ultimo del mese e dell'anno. la tradizione, la mia personalissima tradizione, esige che io pubblichi una riga almeno, prima che il mese finisca. e qui, figuriamoci, c'è di mezzo la fine di un anno intero: come posso astenermi dal pubblicare? per una volta voglio persino fregarmene se qualcuno mi legge o meno. è un problema che mi sono posto abbondantemente in questi mesi. non che mi infastidisca parlare da solo, lo faccio anche in metropolitana, oramai. però arriva un'età in cui si sente il bisogno di dare un senso alle cose, di evitare gli sprechi, di concentrarsi su questioni concrete, di cogliere i frutti e gli ortaggi di una pur disordinata politica agricola. e questo inevitabilmente relega il blog -specie un blog deserto e ininteressante come il mio- al rango di hobby & sport.
poco fa però sono andato a guardare le statistiche del blog, e a quanto pare qualcuno è passato di qui, negli ultimi tempi. ci sono state addirittura centinaia di contatti. qualcuno è passato di qui e non ci ha trovato niente. il deserto. e non ha lasciato traccia, in questo deserto. e però, credo, c'è ripassato e ripassato ancora nella speranza di trovare qualcosa di più. dico grazie a queste persone, le quali bene o male desiderano trovare qualcosa su questa pagina, qualcosa di più che un deserto, e con fiducia passano e ripassano di qua di tanto in tanto per vedere come vanno le cose.

direi che scrivere oggi, che per l'appunto è l'ultimo dell'anno, sia un bel modo di ricominciare; di instillare una qualche forma di vita in questo deserto; di tracciargli attorno una parvenza di confine, non dico un muro di cinta e nemmeno una trincea, ma insomma, almeno una specie di raccordo anulare, con qualche cartello che aiuti gli avventori ad orientarsi nel deserto. del resto l'indistinzione è solo apparente, in un deserto. ci vuole un po' di pazienza. bisogna comportarsi come lo sguardo di dio. pazientare fregandosene del tempo; per uno sguardo senza corpo il tempo non esiste.

torniamo nel corpo. a me sembra che il passare degli anni, in una vita, subisca una brusca accelerazione dopo i 20. sarà che la scuola scandisce piano il tuo tempo, ti confeziona la vita in porzioni incartate singolarmente. con l'università si entra in un meraviglioso indistinto, che somiglia ad una sconfinata pietanza da mangiare. uno sconfinato dessert. e a quel punto le porzioni dobbiamo farcele da soli. e allora sono cazzi. almeno così è stato per me. e quindi accade che gli anni incomincino a succedersi vertiginosamente, tra digiuni, sazietà e indigestioni.
non mi spaventa il passare degli anni; non più come prima. ma non è esattamente di questo che volevo parlare.

dedico l'ultimo post dell'anno a Ostia, la città dove ho trascorso praticamente 29 anni della mia vita.
come ogni città -a mio modesto parere- Ostia è bella quand'è deserta. oggi, poi, c'era su un cielo bianco latte, di quelli parigini, ma non faceva freddo. sono arrivato fino giù al mare deserto passando per piazza Anco Marzio deserta, ho preso un cappuccino in un caffè deserto. indossavo un paio di scarpe da ginnastica nuove, ed ero avvolto -e forse lo sono tuttora- da una sonnolenta spensieratezza. una spensieratezza da matricola universitaria, per intenderci.

stasera la piazza sarà presumibilmente gremita, c'è il concerto di Max Gazzè, certo non sono gli U2, ma qualcuno scenderà a vederlo. quasi mi dispiace di passare altrove la notte dell'ultimo dell'anno, di non potermi sparare l'ennesimo concerto del musicista che forse più di ogni altro mi ha influenzato in questo decennio.

Commenti

  1. Era ora!!! ;) Meglio tardi che mai, no? :)

    Ostia... pensare che sto per lasciarla mi fa un effetto strano. Ancora qualche mese e sarà la mia ex città.
    Max l'avevo beccato in concerto a febbraio a Piazza dei Ravennati... ma non mi dispiacerà ripetere l'evento...

    Buon Anno, Domhir Muñuti! E nel 2011 vedi di scrivere di più ;) :D

    PAROLA DI VERIFICA: ANNENES

    RispondiElimina
  2. dove te ne vai i bello?
    anche oggi ostia è deserta. mi sono appena fatto una corsetta propiziatoria.
    buon anno a te.

    RispondiElimina
  3. Non molto lontano in verità, ma abbastanza per scampare a certi ostacoli economici e non... speriamo bene! :)

    RispondiElimina
  4. Il problema di fondo dopo l'università è che il damangiare lo paghi te, ti tolgono pure le mense e i buoni pasto, e diventi troppo vecchio per rubare nei supermercati. Per questo, le porzioni di solito si restringono per i primi tempi, ma poi migliorano. E alla fine ti accorgi che hanno più sapore.
    Auguri Lu', à tant tot, come dicono i belgi.

    RispondiElimina
  5. mi rendo conto solo ora che dal mio post si direbbe che io sia ancora all'università, e invece ne sono fuori da anni, e non ne sento la mancanza.
    le nuove porzioni iniziano a soddisfarmi per qualità e quantità.
    auguri a te.
    ci vediamo da quelle parti.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Appunti per l'integrazione dell'articolo di Stoccarda